Perché non provare a mettersi per una volta dalla parte del sacerdote o del religioso che ha portato sulle spalle il peso di un’accusa falsa (abusi sui minori, ma non solo) e che è stato poi assolto dalla giustizia. Cerchiamo di capire che cosa ha provato in quei mesi e in quegli anni, come ha vissuto il suo ministero nel duro periodo di attesa, come possiamo ora – personalmente o comunitariamente – accompagnarlo in una fase di ritrovata serenità.
Con una premessa, però: quest’attenzione, umana e cristiana, non significa in alcun modo abbassare il livello di guardia in quella “tolleranza zero” sancita dal motu proprio di Papa Francesco contro gli abusi dello scorso 7 maggio e in quel lavoro educativo e giuridico indicato dalla CEI nelle “Linee guida per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili” entrate in vigore nel giugno scorso e meritevoli di diffusione e severa applicazione.
Proviamo a volgere uno sguardo di misericordia al volto di quel prete (qualcuno di noi può averlo avuto come amico o parente) che prima di essere dichiarato innocente è stato messo sotto torchio in modo improvviso e inatteso per accuse mosse da altri motivi o da persone ritenute non credibili solo a distanza di tempo. Intanto, il suo nome e cognome (ma anche la sua persona, la sua famiglia e la sua comunità) sono finiti per qualche giorno sui media locali o nazionali con le necessarie cautele giornalistiche (non sempre) della presunzione di innocenza. E dietro a lui, anche dopo l’assoluzione, l’opinione pubblica vede ancora qualche ombra.
Il nostro don ha constatato che proprio per tutelare le fragili e incolpevoli vittime di altri reali abusi è scattata verso di lui una procedura giustamente severa con indagini in cui l’autorità ecclesiastica si è impegnata a collaborare con quella giudiziaria. A lungo si sarà anche interrogato se portava una qualche parte di responsabilità nell’essere finito dentro queste strette forche caudine, forse per il suo atteggiamento di eccessiva fiducia o per una vicinanza umana e paterna che è stata proditoriamente “girata” e usata contro la sua persona. Si sarà chiesto forse se i confratelli e la comunità non potevano fare di più per prendere le sue difese, se l’iter giudiziario doveva essere così lungo e logorante. E quale significato attribuire a questa croce, nel portare la quale ha avvertito l’aiuto di qualche cireneo ma anche passaggi di solitudine e abbandono.
Pensieri che proviamo a mettere in comune, sottoponendoli alla luce della Parola e sovrapponendoli al volto degli innocenti di ogni tempo. A partire dal salmo 1 che ci mostra – ben contrapposta alla via dei peccatori – la beatitudine dell’uomo che retto procede. «E sarà come l’albero, che è piantato sulle rive del fiume, che dà frutto alla sua stagione, né una foglia a terra cade».