La “fase 2” della Chiesa
Se è vero che "niente sarà più come prima", è il momento di chiedersi come cambieranno la pastorale, la catechesi, la liturgia e in genere la prassi della Chiesa dopo il coronavirus
Anche per la Chiesa è il momento di pensare a una fase 2: dopo il lockdown delle parrocchie, terminato il periodo delle messe on line, bisogna verificare se davvero “niente sarà più come prima” anche tra i credenti. Non certo nella dottrina, ma nella pastorale, nella liturgia, nella catechesi, eccetera eccetera.
In continuità con il precedente, proponiamo dunque il nuovo “Tema del mese”:
Che cosa ha imparato la Chiesa dal coronavirus?
Ricordiamo le regole per partecipare. Chiunque (non solo gli autori abituali) può proporre a Vino Nuovo un suo testo, inviandolo all’indirizzo dedicato iltemadelmese@gmail.com
Gli articoli pubblicati verranno via via raccolti qui di seguito:
- Diego Andreatta, L’ultimo saluto senza la comunità
- Marco Pappalardo, Tutto sarà diverso
- Marta Faccinetto, Iniziazione cristiana a distanza?
- Gabriele Cossovich, Il mattino di Pasqua dopo il Covid19, tra cocci e sogni
- Maria Teresa Pontara Pederiva, La stessa barca, un’unica famiglia
- Sergio Ventura e Gilberto Borghi, Le domande dei fuggitivi
- Paola Springhetti, Serve un “pensiero lungo” per uscire dalla crisi
- Diego Ruggiero, La grazia del Coronavirus
- Fabio Colagrande, Tutto pronto a Mascherino per la fase 2
- Don Enrico Parazzoli, Il tempo del virus: fare memoria e nutrire la speranza
- Daniele Gianolla, Tornare alla sorgente della vita sacramentale
- Isabella Piro, ‘Congiunti’ o ‘amici’: e se avesse ragione Carrie Bradshaw?
- Chiara Bertoglio, Figli di Abramo: pane e pietre
- Gilberto Borghi e Sergio Ventura, Le domande del gregge
- Paolo De Martino, La fede non è un “messificio”
- Sergio Di Benedetto, Dieci cose da trattenere dalla quarantena
- Assunta Steccanella, Una nuova comunione
- Luca Peyron, Un'”agenda digitale” per la Chiesa
- Gilberto Borghi, Ci attendiamo un cambiamento pastorale?
- Federica Neri, Anche la Parola è sacramento
- Gilberto Borghi, Digiuno eucaristico: Dio per me o io per Dio
- Giorgio Bernardelli, La Chiesa in entrata
- Gilberto Borghi e Sergio Ventura, Le domande turbate delle pietre scartate
- Marta Faccinetto, Mamma al tempo del Coronavirus
- Assunta Steccanella, Modelli di “Chiesa all’aperto”
- Sergio Di Benedetto, Il silenzio e la Messa (online e in presenza)
- Sergio Ventura, Messe sì, scuola no?
- Giusy Milone, Il Dio svendibile e il Gesù vivente
- Daniele Valgimigli, Apocalisse o…
- Gilberto Borghi, Le rivelazioni delle messe covid
- Giorgio Bernardelli, Ma la preghiera contro il Coronavirus funziona
- Maria Cristina Ventura-Fabio Pieroni, Il triduo pasquale e le celebrazioni domestiche: un’esperienza profetica?
- Gilberto Borghi, Chimica e eucaristia
- Fabio Colagrande, “Fatti più in là”: aggiungi un posto in Chiesa
- Diego Andreatta, Sette idee per la prima estate post Covid
- Marco Pappalardo, Maturande con gli occhi pieni di maturità
- Fabio Colagrande, Il prete gommato
- Marco Sanavio, Connessioni digitali ecclesiali
- Daniele Gianolla, Chiesa di Potere o chiesa di Esilio?
- Maria Teresa Pontara Pederiva, Benedette mascherine, ma…
- Marta Faccinetto, Abbracciare le nostre fragilità
- Fabio Colagrande, Webinar infuocato sul dopo virus nella diocesi di Salsiccia
Forse si sta andando proprio verso dove, un profeta del nostro tempo, ha intuito: verso la morte della Chiesa e non al suo trionfo! Sergio Quinzio infatti scriveva “Se la Chiesa è il corpo di cui Cristo è il capo (Col 1,18), il corpo non può non seguire nella morte il destino della testa.” Solo così potrà risorgere!
A vedere la ripresa del culto nelle chiese mi viene questa schematizzazione:
Pre-Covid 19 la comunità sapeva di naftalina
Con Covid 19 la comunità sapeva di amuchina
Oggi i due odori si sono confusi ma rimangono sempre naftalina e amuchina.
Visto che ci sono meno fedeli partecipanti e tra qs meno si cibano ( prima erano quasi tutti.), propongo:
Un dispenser all’ingresso con le particole NON consacrate. Ogni particola è dentro una bustina di carta con orecchia verso l’alto x essere presa dal fedele. Dal dispenser esce una alla volta. Tecnicamente tutto fattibile facile.
In alternativa: il dispenser è sull’altare.
Il fedele vi si reca e riceve la bustina, magari qui data con pinzetta. Personalmente preferirei la prima, con innalzamento alla Consacrazione e consumazione prima del Padre Nostro.
Eucarestia:
ho visto tanti format diversi ma NESSUNO esente da critiche, da un pdv IGIENICO.
Le Ostie prese dal tabernacolo e versate nella Patena che è stata davanti al Celebrante per tutta la Messa, spesso scoperta, unite a metà dell’Ostia grande, passata in mano al celebrante senza mascherina e guanti. Ecco poi cosa ho visto:
– il Celebrante che si aggira tra i fedeli e depone nelle mani una particola presa con mani libere…
– altrove il Celebrante usa una pinzetta x prendere la singola particola
– altrove i Sacerdoti si coprono con guanti in lattice e depongono nelle mani..
In tutti qs casi il contenitore di tutte la Particole è esposto a colpi di tosse o altro, non solo del celebrante.
– infine i fedeli allontanandosi fanno contorsioni varie per conciliare mascherina e Particola in bocca( tutti contraddicono la raccomandazione di staccare la mascherina toccando solo gli elastici..)
Occorre veramente fare lo sforzo per addivenire ad una chiesa sinodale in cui i vari ministeri siano esercitati responsabilmente senza prevaricazione di alcuno, occorre destrutturare la chiesa fondata sugli orpelli e paletti, per ristrutturarla mettendo Cristo risorto al centro e dilatando la sua presenza reale nella ferialità (altrove ho scritto: perché il pane spezzato nelle case da mamma e papà non può essere eucaristia per quella famiglia? Torniamo alle origini: agli apostoli la missione dell’annuncio del Vangelo per rigenerare le comunità fondandole sull’Amore e contando sulla testimonianza della famiglie in cui l’Amore si fa concretezza mediante la solidarietà radicale tra i vari membri e forti della presenza eucaristica della cena celebrata nelle case).
La chiesa ha l’opportunità della fase 2 per convertirsi. Quella che abbiamo lasciato in fase 1 era una chiesa che ormai parlava una lingua diversa dagli uomini di oggi, con un attacco di clericalite acuta (da parte di preti e laici), impegnata nell’affare simoniaco di compravendita in nero (tali sono oboli e offerte) di intenzioni per messe e sacramenti. In una chiesa così spiccavano e spiccano ancora solo i testimoni: Papa Francesco ed alcuni Vescovi profetici, il resto è noia.
Ora il pericolo è riprendere alla stessa maniera e lo stiamo vedendo, al posto delle acquasantiere, insieme a colonne di disinfettanti per le mani, campeggiano le cassette per le offerte (tutta quì la necessità di riaprire le chiese al culto?)
Più che mai oggi è necessario cogliere il desiderio di essere comunità, anche in campo civile, mi piace trasformare e parole “bene comune” in “bene comunitario”.
Dal Coronavirus la Chiesa credo abbia imparato maggiormente il bisogno, la necessità di sentirsi comunità, di sentirsi in comunione. Ha imparato la necessità enorme di lasciare e dedicare molto più tempo alla pastorale del sollievo, della consolazione, verso quanti hanno perso la vita, da soli, e verso quanti non hanno potuto accompagnare i propri cari.
La Chiesa impara la “presenza”, innanzitutto, come testimonianza stessa di Gesù: di fronte a tanto dolore, a tanta confusione, meno parole da dire, da pronunciare, ma presenza, silenziosa, ma preziosa.
Sarà necessaria una valutazione diversa della pastorale, delle parrocchie a mio parere, aprendo la strada a vari ministeri fino ad ora ai margini.
Forse sarà una Chiesa impoverita come immagine esterna, più spoglia, meno appariscente, ma più povera, e perciò, più autentica, più portata al “prendersi cura” vicendevole, sullo stile delle prime comunità cristiane.