Se la pastorale giovanile imboccasse le strade d’Europa

Il libro "Sulle strade d'Europa" pone due domande: quale contributo può dare la pastorale giovanile all'Europa, e come l'Europa sfida la pastorale?
12 Luglio 2021

I cattolici hanno dato un contributo fondamentale per creare e costruire l’Europa, ma a volte sembrano esserselo dimenticato. Danno questa impressione anche in questo periodo che è, di fatto, un periodo di ricostruzione, in cui il futuro dell’Unione viene profondamente ripensato, nonostante le difficoltà di dialogo tra diversi Paesi, fra diverse forze politiche, tra diversi gruppi, ma anche fra i cattolici stessi (basti pensare alla lontananza tra cattolici dei Paesi dell’Est e quelli dei Paesi dell’Ovest).

Eppure noi – noi italiani, noi Chiesa italiana – siamo l’Europa e soprattutto sono l’Europa i nostri giovani, e non solo per ché viaggiano, ma perché la maggior parte dei prodotti televisivi e cinematografici che vedono sono stranieri (e spesso europei); perché la loro vita on line non ha confini geografici; perché scelgono altri Paesi in cui cercare un futuro migliore, ma in quelli europei non si sentono, in fondo, così tanto stranieri; perché la loro idea di confine è, davvero, molto diversa da quella delle generazioni che li hanno preceduti. E insomma perché maturano le loro idee sulla vita e sulla morte, sulla felicità e sul dolore, sulla famiglia e sul lavoro, su ciò che conta e ciò che non ha valore, al di fuori di ogni confine geografico.

Da poco è uscito un libro che si intitola “Sulle strade d’Europa. Giovani e dimensione sociale della fede per costruire il futuro” (ed. Las 2021). L’ha scritto Renato Cursi, uno che l’Europa la respira ogni giorno, perché è segretario esecutivo di Don Bosco International, l’ente che rappresenta i Salesiani di Don Bosco presso le Istituzioni Europee a Bruxelles.

Il libro (che sarà presentato on line il 14 luglio alle 17:00. Per partecipare basta iscriversi a questo link) affronta un tema ancora poco o pochissimo sondato: che cosa ha a che fare l’Europa con la pastorale giovanile? L’obiettivo dichiarato è, appunto, aiutarci a «capire come la pastorale giovanile può interagire, dando e ricevendo, con la costruzione Europea in corso a Bruxelles e in tanti altri cantieri d’Europa». Dando e ricevendo, e dunque la domanda riguarda un doppio movimento: qual è il contributo che la pastorale giovanile può dare al futuro dell’Europa, e che cosa l’Europa può dare alla pastorale giovanile.

 

sulle strade d'europaDUE FONDAMENTA E CINQUE MATTONI PER L’EUROPA

E se dovrebbe essere scontato (ma non lo è) che la dimensione sociale della fede non può prescindere da questo tema, entrarci per vedere che cosa implica è ancora un’operazione che pochi stanno cercando di fare. Cursi ricorda che nel 2017 papa Francesco, parlando ai rappresentanti delle istituzioni europee, propose di ricostruire l’Europa partendo da due fondamenta (la persona e la comunità) e da cinque mattoni (dialogo, inclusione, solidarietà sviluppo e pace). Dunque, la domanda è: che modello di persona e di comunità propone la pastorale ai giovani europei? E quali strumenti di dialogo, quale tipo di inclusione e di solidarietà, quale modello di sviluppo, quale pace possiamo costruire, pensando al futuro?

Quale proposta pastorale fare ai giovani, in prospettiva europea, su un tema come l’immigrazione, che polarizza e divide profondamente gli stessi cattolici, nonostante l’insegnamento di Francesco sia chiaro (accogliere, proteggere, promuovere, integrare)? Come affrontare il tema del lavoro, noi che assistiamo ogni anno alla fuga dei nostri giovani ricercatori? E a proposito dell’ambiente, della formazione professionale, del problema demografico, della pace, del digitale (oggi l’Europa ha un piano d’azione sull’educazione digitale), che dire? O, soprattutto, come affrontare il tema della democrazia, oggi rimesso in discussione dai populismi? A  ognuno di questi temi Cursi dedica un capitolo, che lancia suggestioni ma soprattutto pone domande, e in fondo ad ognuno mette indicazioni sui messaggi di papa Francesco sul tema e sui documenti delle istituzioni europee, come invito ad approfondire.

 

UNA PASTORALE GIOVANILE INCARNATA NEL CONTINENTE

E i giovani, su questi temi, che cosa hanno da dire? «È necessario creare e generare, insieme ai giovani, progetti che portino a rinnovare il volto delle società, che sono un mosaico di onestà e ingiustizia, di tenerezza e pregiudizio sociale, di uguaglianza e disuguaglianza», scrive Mighuel Angel Garcia Morcuende, consigliere per la pastorale giovanile salesiani Don Bosco, nella prefazione al testo.

I giovani hanno idee da mettere sul tavolo e metodi da proporre. Condividono quei valori che hanno identificato l’Europa, nonostante secoli di guerre, totalitarismi, ma anche  lotte per la libertà e per la democrazia. Chiedono più partecipazione ai meccanismi decisionali europei. Chiedono sinodalità alla Chiesa cui appartengono. Per loro serve «Una pastorale giovanile che si incarna in questo continente, colpito dalla secolarizzazione, ma anche da una grande sete spirituale», come scrive Sr Nathalie Becquart, sottosegretaria della segretaria Generale del sinodo dei vescovi.

È questa sete spirituale che ci interpella, e ci chiedere di ampliare le prospettive della pastorale giovanile.

 

2 risposte a “Se la pastorale giovanile imboccasse le strade d’Europa”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    È’ stato premiato laurea ad honorem Ed indicato Antonio Megalizzi a ” simbolo dell’Europa che vogliamo”, una Europa vicina ai cittadini, solidale che cresce grazie al dialogo e al confronto, due aspetti che stanno alla base della buona politica ee costituiscono la colonna portante di ogni sistema democratico”int.Presidente P.E. Davide Sassoli. E come non esservi in dialogo anche chi ha a cuore i valori cristiani, un Forum di giovani ad animare il dialogo dove le voci da Paesi diversi si fondono nel progettare pace e benecomune senza rivalità . Tanti sono i campanili, che da tanto popolo credente sono stati costruiti e hanno in comune il suono univoco nelle diverse note. Un progetto che la Chiesa sembra accarezzare attraverso la Persona di un Papà che si dimostra interessato a essere missionario in parole e opere, in amicizia e carità in solidarietà e cordiale aperto fraternodialogo

  2. Francesca Vittoria Vicentini ha detto:

    Ma per aver qualcosa da dire o portare ad altri, non sembra che prima bisogna cimentarsi, “farsi le ossa” in patria? Perché solo se si è maturata una idea, una convinzione, cimentandosi nei problemi di casa, si può confrontarsi e anzi portare, aggiungere a quello di altri. Finora ho l’impressione che tanto espatrio sia per lo più per aumentare, se si è possidenti, il proprio capitale, per aumentare il proprio benessere, per sfuggire a poverta e sacrificio quella situazione che purtroppo può esistere nel paese di nascita. In una riunione di giovani proprio per discutere più o meno questo tema, un giovane nero lamentava di non sentirsi accolto, al che gli viene risposto che molti del paese in cui si trova sono a missionari a portare contributo utile nel suo paese. Quale è la verità: si va per prendere? O per dare? E magari finché fa comodo, come sta avvenendo .Chi si allontana non lascia altri più in povertà?come vivono quelli che restano?

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