Ci sono giorni in cui a scuola c’è qualcosa di speciale nell’aria. Capita prima del sabato o della domenica, soprattutto prima delle vacanze, ma ancor più in occasione della festa di San Valentino: fiori, dolci, pacchi regalo, abbracci speciali, movimenti da una classe all’altra, attività di make up durante la ricreazione e pochi minuti prima che suoni l’ultima campanella, occhi e occhiali a cuoricino, look per l’occasione, lavagne con dediche. A qualcuno non piace, soprattutto ai single, a coloro che finiscono per guardare i compagni ricevere di tutto, a chi soffre per amore, a chi non è ricambiato. Per loro la scommessa è coinvolgerli, creare un ambiente-classe dove ci sia un pensiero per tutti, un messaggio scritto, una dedica con il cuore sulla mano o sul diario, uno cioccolatino, un fiore.
“Che c’entra tutto questo con la scuola”, qualcuno obietterà? Dopo tanti “San Valentino” vissuti in aula, posso dire con certezza: «Perché non dovrebbe c’entrarci? Anzi, sarebbe impensabile il contrario!». Nelle mie tre classi, per esempio, in questo bel clima abbiamo affrontato il tema dell’amore in diversi modi e con livelli di attenzione molto alti: in una, ogni studente ha presentato una canzone di musica leggera come fosse l’analisi di un testo poetico; in un’altra, ho consegnato frasi di autori greci sull’amore, invitato la classe a commentarle per iscritto e poi a condividerle con i compagni; in un’altra ancora, sono stati gli alunni a scegliere citazioni diverse greche e latine attualizzandole. Certo, sui banchi c’erano dolci, rose, regalucci, ma anche tanti biglietti scritti, ricevuti, scambiati, donati, non meno significativi di tanti epigrammi d’occasione dell’antichità.
Abbiamo studiato? Sì! Abbiamo perso tempo, no? Tra gli studenti c’è stato persino chi simpaticamente ha chiesto se avrei messo il voto su quanto svolto. Dunque, che scuola è questa? Quella che non mette da parte la vita anzi la unisce fortemente con quanto si studia, con la cultura, con le discipline. Quante volte dinanzi al disagio di tanti ragazzi e adolescenti, troppo spesso tale da emergere tristemente nella cronaca di quotidiani e tg, si invoca la scuola, per esempio sulla questione dell’educazione all’affettività; quest’ultima non è una teoria da presentare con le slide di un power point, così come non basta l’incontro con un esperto né un bel film sull’argomento, poiché è necessaria la quotidianità che è fatta anche di giorni speciali come questo da cui lasciarsi interpellare. Con i miei alunni abbiamo visto insieme che, seppur con un linguaggio diverso, i classici raccontano sull’amore quello che noi viviamo oggi, tra gioia e tristezza. Essi hanno scritto – alcuni persino più di duemila anni fa – pensieri che recano ancora un significato per noi, spendibili in qualche biglietto che accompagna un regalo, altro che le frasi dei famosi cioccolatini!
Ho ascoltato ragazze e ragazzi aprire il cuore alla classe a partire da passi di Catullo, Saffo, Seneca, Platone, ma pure grazie a cantanti come Coez, Tiziano Ferro, Annalisa, Ultimo, Mannoia, Emma, Thegiornalisti attraverso i loro testi affrontati dopo alcuni mesi di studio della poesia e dei poeti. Si dice che per lo studio ci voglia amore ed è vero; ma l’amore per lo studio si comprende dentro un sentimento più grande, quello che ci fa battere il cuore fuori misura e da cui sono nate le opere dei grandi poeti, narratori, filosofi, artisti e scienziati. Tutto il resto, pur senza passione, può farlo l’intelligenza artificiale!