Ritorno sui Management (in classe)

Per questi adolescenti i contenuti religiosi sono perfettamente assimilabili a qualsiasi altra cosa che può essere utilizzata per vendere o vendersi?
13 Maggio 2013

Io me l’ero persa. Non sono un amante dei concertoni. Ma ci hanno pensato i miei studenti, come spesso, a ricordarmela. 

“Prof. l’ha vista quella dei Management? Dai carina…” Fabrizio. Di quarta, capelli “rasta”, più che per scelta per sciatteria, un vago senso di velato anticonformismo, un’andatura dinoccolata e leggermente ironica. “Di cosa parli Fabrizio?”. “Ma come, non l’ha vista? Dai, il cantante dei Management che ha fatto la comunione con un preservativo”. “Cioè? No, non ho visto nulla…” E siccome la ricreazione non è ancora finita mi mostra sul suo smartphone da 400 euro il video su you tube (alla faccia dell’anticonformismo!).

“Dai prof, carino no?”. “Bhè non ha fatto la comunione, ha usato un preservativo per “sceneggiare” la consacrazione”. “Va bhè, prof. ci siamo capiti…”. “Comunque potrebbe essere letto in molti modi Fabrizio, secondo te che senso ha?”. “Ma prof. è chiaro… una gag per fare scena… Così adesso tutti parlano di loro e vendono di più… dai son furbi… a me non piacciono, ma se avessi avuto l’occasione l’avrei fatto anch’io da un palco così!”. “Ah, quindi per te lo hanno fatto solo per farsi notare…”. 

“Perché prof. per quale altro motivo l’hanno fatto?”. “Bhè potrebbe anche essere una presa in giro della Chiesa per la sua posizione contro l’uso del preservativo. Oppure una specie di profanazione del rito principale della messa. Non ti pare?” “Séh, va bhè prof. Ma secondo lei, di quelli che erano al concertone quanti gliene frega che la Chiesa non accetta il preservativo? O quanti pensa che glene frega della messa?”. “Bhè, se vale la tua interpretazione loro non lo hanno fatto certo per quelli che erano lì, ma per quelli che li hanno visti in tv”. “Eh, a maggior ragione prof. In Italia non mi sembra che la Chiesa conti ancora molto. Se uno si permette di fare una roba del genere, e non gli succede nulla, vuol dire che agli Italiani non gli interessano più molto le robe di Chiesa”. 

La campana ci ha interrotto. E io sono dovuto entrare in classe. Ma mi son rimaste lì sospese alcune mezze domande. Ha davvero ragione Fabrizio? Per questi adolescenti i contenuti religiosi sono perfettamente assimilabili a qualsiasi altra cosa che può essere utilizzata per vendere o vendersi? E il senso della sacralità di gesti e riti, che nella nostra società erano ben consolidati, si è davvero eroso radicalmente?

Non sono sicuro che Fabrizio abbia ragione. Anche perché il contenuto su cui si sceglie di osare una provocazione deve essere una questione “sensibile” se si vuole che il gesto abbia efficacia. Però temo che Fabrizio colga un punto molto interessante della trasformazione della religiosità nella nostra società. Che non è tanto la perdita della centralità e del riconoscimento sociale che veniva dato ai riti della fede cattolica, cosa da tempo ormai chiara, anche se non così accettata in molti esponenti della gerarchia ecclesiale.

A me colpisce di più la perdita di rilevanza della capacità umana, che questi ragazzi e anche molti adulti mostrano, di “simboleggiare”, di trascendere il dato puramente “orizzontale” del gesto simbolico, per accedere al suo “spessore” trascendente. La lettura di Fabrizio, ingenuamente orizzontale, sembra cioè essere un dato quasi di “default”, appoggiata sull’inconsapevole certezza che la realtà è l’apparenza, che il senso è nell’essere visibili e che qualsiasi contenuto sia mostrato non conta, conta come, dove e perché viene mostrato.

In questa logica allora vengono recepiti anche le reazioni possibili da parte di chi si sente colpito dal gesto simbolico. Perciò la risposta risentita che puntualizza il contenuto e produce giudizi sul merito finisce solo per dare ulteriore visibilità al gesto stesso, senza poter recuperare nulla nel merito, perché non è quello il livello su cui gli interlocutori si pongono. Sarebbe molto più funzionale il silenzio o rispondere usando lo stesso linguaggio ironico per ringraziare della visibilità indiretta offerta al contenuto deriso. 

Ma questo significherebbe che la Chiesa possiede un buon senso dell’umorismo e lo sa usare sul piano della comunicazione. E soprattutto che sa bene come il suo Dio non abbia paura di nulla, nemmeno del preservativo. Ancora una volta si mostra come non tocchi a noi difendere Dio.

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