“Ogi non che scula”

In conclusione di un anno difficile per la precarietà delle soluzioni scolastiche adottate si sente ancora meglio l'insostenibile leggerezza dell'essere precario
9 Giugno 2021

Carlo, di corsa su dalle scale della scuola, ogni giorno fa a gara coi compagni per arrivare primo in classe. E’ un fulmine già alle 8 del mattino con una carica di energia vitale meravigliosa. Arriva e scrive frasi buffe sulla nostra lavagna.

– OGI NON CHE SCULA –

“Oggi, non c’è scuola”, avrebbe dovuto correggere la maestra, ma invece sorrido e fotografo la scritta.

Oggi lo scherzo di Carlo è realtà, l’anno scolastico è davvero finito. Le aule si svuotano del vociare dei bambini, si riordina il materiale, si preparano gli scrutini…

…e chi è precario come me, ha davvero finito, ha una data di scadenza, come le mozzarelle negli scaffali dei supermercati. “Precario” è un sostantivo che viene sempre legato ad una condizione negativa, uno stato di incertezza, di impossibilità a fare progetti, di insicurezza e disequilibrio.

Nei corridoi di scuola si sa benissimo chi è “precario” e chi invece “ha il ruolo”.

Io, quando lavoro, quando sto con i bambini, mi dimentico di tutto questo, e solo al 30 giugno mi rendo conto che nuovamente… “sarò senza”.

Sarò senza.

“Precario”, viene dal latino precarius, derivato da prex: precario è colui che prega, che non ha sicurezze, che abita un tempo che non può controllare, che ogni volta deve cercare, bussare, ricominciare. Che è senza.

Daniele Silvestri nel testo di una sua un po’ amara canzone – “Precario è il mondo” – dice che “d’indeterminato c’è solo il quando”.

E il concetto di tempo, in questi sgoccioli di giorni alla fine del contratto, è ogni anno un’occasione di riflessione più ampia, che non riguarda solo il mondo del lavoro, ma la condizione umana di chi cerca di capire dove cercare le proprie sicurezze e certezze.

Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo” ci insegna il Qoèlet. Nell’esperienza della precarietà, dove tutto sembra sfuggirti di mano, dove tutto passa e finisce, qualcosa eppure resta. Ed è così vero…

A giugno di ogni anno, dopo nove mesi di scuola, ho le mani cariche, stracolme. Mai come quest’anno in particolare, dove far scuola in presenza in piena pandemia, è stata quasi una missione, il raccolto è sovrabbondante. Precari o in ruolo, senza distinzione. La barca in cui ho remato forte era la stessa, con un carico preziosissimo da salvaguardare.

So di non essere padrona del mio tempo, e non voglio esserlo. Oggi, tutto questo mi dà per assurdo una grande libertà. La condizione umana è di per sé precaria e sento che quella del cristiano lo è nel profondo, nel cammino di chi sa di non sapere. Il credere porta in sé proprio lo spessore della precarietà e Gesù stesso l’ha sperimentata nella sua vita e ne ha fatto dono. “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’Uomo non ha dove posare il capo” dice ad un tale nel cammino verso Gerusalemme.

La libertà di Carlo che sogna le vacanze e che dà spazio ad un tempo nuovo, è un invito sereno a cercare di vivere questo tempo in questo modo, qui ed ora, scrivendo col gesso nuove storie nella mia vita.

 

5 risposte a ““Ogi non che scula””

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    L’importante di questo anno così travagliato dove tutto sembra sovvertito, come essere colti in un turbine disorientativo, sia aver conservato un proposito, quello dell’impegno a ricominciare, quello di aver conosciuto quanto lo spirito di solidarietà sia stato una forza per la collettività, quanto non sia venuto meno, come qui si scrive, la fede di aver insegnato e imparato una lectio in umanità, riscoperto chi è il nostro prossimo, in famiglia, nel lavoro, la compartecipazione alla sofferenza dell’altro, quello che prima era estraneo. “Ogi non che scula”, è anche oggetto di riflessione, che nel domani non vi siano uomini adulti che scrivono così, segno di abbandono della scuola per certa povertà che ancora è presente, sogni abbandonati all’alba della vita . Per questo, se i vaccini sono soccorso salvavita, c’è quella saggezza morale, spirituale che necessita coesistere per insegnare e imparare che l’amore da significato a “oggi c’è stata scuola”

  2. emilia benasso ha detto:

    Cara Lella, come sempre il tuo scritto mi tocca il cuore e smuove ricordi: precario/a è un concetto che, al giro, appartiene a tutti noi, nella scuola e non solo. Siamo precari o ci sentiamo precari? Un po’ cambia. Da insegnante, come sai ora a un anno dalla pensione, sono stata precaria per tanti anni (24)che non si parlava ancora di precariato🤭, solo di supplente. Come ogni esperienza della vita, a distanza di anni ho il ricordo di tante scuole, tanti incontri, tante persone e realtà che hanno un posto nel cuore e mi hanno lasciata un po’ più “ricca”.
    Buona estate e…alla prossima SCULA😘

  3. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Però tanta passione, tanta necessità da parte di bambini,ragazzi,studenti che si affacciano e si preparano a essere società del domani, dovrebbe essere percepita là dove si studia come governare il mondo del lavoro. Mi permetto entrare in argomento indirettamente a conoscenza che il precariato esiste anche in altri ambiti della pubblica amministrazione, persone che dopo aver accettato un lavorato a tempo det. Con impegni di trasferta, spese di alloggio e altro, sono all’oscuro di cosa è il loro dopo, la cessazione del contratto, se da nuovo cambio sede o ritorno a nuova ricerca. A cosa serve offrire accesso ad acquisto casa se non hanno la sicurezza lavorativa?! Se poi malgrado titoli, esperienza non sono pari al merito di essere segnalati da un partito, allora alla precarietà si aggiunge la depressione.Ne ha parlato in merito anche il Santo Padre, Voce che affianca quelle indistinte . Speriamo serva

  4. Paola Isabella ha detto:

    Essere stata precaria con te mi ha dato solidità, la solidità che deriva dall’averti incontrato. Aver fatto un pezzo di quella strada in salita e quanto mai precaria con te, è stato un onore e una fonte di ispirazione.
    E condivido la magia come in un sogno…. In mezzo ai banchi, tra i fanciulli che pendono dalle nostre labbra affamati di sapere ti dimentichi di quella parola…. Per nove mesi, il tempo di una gestazione, che ci permette di partorire tutte le energie per saper porgere loro quel nutrimento che bramano anche quando non sembrano desiderarlo.
    Con questo bottino il 30 giugno al risveglio, tutto sembra più lieve
    Grazie Lella

  5. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Sono dovuto passare dal tuo titolo e via, roba di squola, qui pieno di insegnanti, almeno tre fiate
    ..ma poi in mancanza di altro cibo..
    Ho aperto il tuo msg..
    cavolaccio crudo!!!
    Complimenti… Altro che scuola😂
    Qui c’è Vita.. e lo stesso Zalone deve s’en fuire..
    Hai un solo alibi.
    Sei DONNA.
    Con la sensibilità di una donna.
    Ma anche con la forza della donna.
    Lascia stare. Per me hai vinto il primo premio. E nella motivazione ci metterei;
    &” È stata capace di presentarci, farci camminare con…
    GESÙ PRECARIO.
    Grazie.

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