Terza ora del venerdì. Una classe seconda. Faticosa, irregolare, zeppa di ragazzi e ragazze alle prese con problemi che sarebbero normali alla loro età se non fosse per la incredibile incapacità di gestire le proprie reazioni emotive che molti oggi hanno. Chi piange per nulla, chi strilla quasi continuamente, chi è un muro comunicativo, chi non sopporta di essere secondo a nessuno. E chi normalmente tenta di attraversare la propria adolescenza nella speranza di uscirci fuori prima o poi, magari senza essersi troppo danneggiato.
Sono entrato già stanco di mio, con una settimana dura sulle spalle. E alla seconda parola che ho detto due “bei giovinotti”, come dice la mia collega di lettere, si sono insultati per bene e quasi sono arrivati alle mani. Non capivo il motivo. Avevo perso l’antefatto, accaduto nel cambio d’ora. Pare che Roberto avesse deciso di dire ad alta voce qualche sua considerazione sulla ragazza di Marco, lei pure nella stessa classe.
Me li sono mangiati vivi. E visto che la mia voce è ancora in grado di farsi sentire, si sono fermati. Ma io no. “Non è possibile che a sedici anni non siate ancora in grado di gestire le vostre reazioni se non come due orsi in calore che lottano per la femmina”. Lo so, mi è scappata, ma la battuta ha avuto un effetto che non mi aspettavo. “Eh no prof. lei non può insultarci, non siamo animali noi – mi fa Marco – e poi vorrei vedere lei se insultassero la sua donna”. “Marco, il problema non è chi ha torto o chi ha ragione, il problema è riuscire a stabilire chi ha torto o ragione senza menarsi e insultarsi. Una persona umana si differenzia da un animale perché trova modi per fare giustizia senza usare la violenza fisica o morale”.
” Se fosse così prof. i tre quarti dell’umanità sarebbero fatti di animali e non di persone”. Lucia si butta nella mischia. Non fa religione e non la vuole fare, ma spesso se ne sta in classe perché dice che trova interessante le lezioni. “Anche lo stato deve usare la forza quando arresta un delinquente e decide che poi va messo in galera”. Apriti cielo! Io non avevo intenzione di entrare in una discussione sul fondamento e la gestione del potere in una società civile, ma le cose mi hanno travolto. “Lucia ha ragione, prof., se Marco non si difende e non difende Erika (la sua ragazza) ci rimette la faccia e l’amore. Roberto se l’è cercata e va punito, perché non si può permettere di insultare così una sua compagna”. Marika ovviamente difende Erika, l’amica del cuore!
“Sulla questione delle sanzioni vedremo dopo cosa fare. Adesso mi preme invece chiarire questa faccenda della violenza. Ma voi pensate davvero che sia normale comportarsi così? Provate a pensare cosa succede se tutti voi vi comportaste come Roberto o reagiste come Marco. Le relazioni sarebbero impossibili e ci sarebbe la legge della giungla, che di solito è il luogo dove vivono gli animali, non gli uomini. Credo che Roberto debba chiedere scusa ad Erika prima di tutto, ma credo anche che Marco debba riconoscere che è stato eccessivo nella sua reazione”. “Ma prof. non li può mettere sullo stesso piano – continua Lucia – Marco ha dovuto difendersi”. “Non li metto sullo stesso piano, ma c’è modo e modo di difendersi”. “Seh!!.. – continua Lucia – e lei crede che Marco avrebbe semplicemente dovuto dirlo a lei, come si fa mandando uno davanti al tribunale… Cavolo lo vediamo tutti i giorni come funziona la giustizia cosiddetta “civile”. Se vuoi proteggere i tuoi diritti ti devi arrangiare da solo”.
“Bene ragazzi, se questo deve essere il metro allora mi adeguo anche io. Siccome ho il potere perché sono seduto sulla cattedra decido io chi va promosso e chi no senza che voi possiate avere modo di farci niente”. “Ma lei è fuori prof. ce la deve far pagare a tutti per questi due scemi??!!” Gianluca non ha colto l’uso iperbolico della mia frase e mi prende sul serio. “Appunto – faccio io – vedete che se uso lo stesso metro e lo rivolto contro di voi vi rendete conto che non è giusto!. E allora perché usate due pesi e due misure? Se esistono dei modi per fare giustizia che sappiamo essere corretti, vanno rispettati da tutti, sia da chi ha il torto che da chi ha ragione, altrimenti chi ha una posizione di potere può fare quello che vuole”.
Ci abbiamo messo tutta l’ora e non è bastato ancora. Sul mio registro personale ho scritto: lezione sul valore della giustizia e della democrazia. Non credo di avere fatto un falso. E questa è la scuola pubblica che “inculca” valori che non sono quelli che le famiglie invece vogliono “inculcare” ai loro figli. Quello che mi fa male di questa frase non è ne chi l’ha pronunciata, né il contesto “velatamente elettorale”, ma è quel verbo, ripetuto due volte, che di suo già qualifica un modo di fare educazione dove la giustizia e la democrazia non hanno casa. Qualche genitore potrebbe davvero dirmi che quella ora è stata buttata al vento e che non ho parlato del senso cristiano della sessualità, come avevo in programma di fare. Ma credo che se Roberto alla fine ha chiesto scusa ad Erika davanti a tutti, e non solo a Marco, come lui voleva fare, qualcosa del senso cristiano della sessualità sia passato.
Mi piacerebbe davvero che chi sentenzia pro o contro la scuola pubblica, passasse qualche ora in classe e si rendesse conto davvero di cosa si sta parlando.