Africa: istruzione “sotto attacco”?

Se in Italia si perdono gli studenti in Africa si chiudono le scuole. Cosa fare per questi studenti? Domande aperte all’inizio di un nuovo anno scolastico.
22 Settembre 2023

Unicef, UNHCR, Norwegian Refugees Council e Education Cannot Wait hanno pubblicato l’ultimo report nel settembre 2023 dal titolo “Istruzione sotto attacco”.

Lo studio prende in esame la situazione scolastica in 19 nazioni della regione dell’Africa centro occidentale. La situazione è oltremodo critica perché in quest’area sono state chiuse 13.263 scuole per ragioni legate agli sfollamenti interni dovuti ai vari conflitti armati nei primi otto mesi del 2023.

Questo contesto coinvolge il benessere, l’apprendimento e la protezione di circa due milioni e mezzo di bambini in età scolare.

Nel Sahel centrale la situazione è particolarmente grave, con la chiusura tra il 2019 e il 2023 da 1700 a quasi 9000 scuole. Nel solo Burkina Faso sono state chiuse 6149 scuole, un bambino su quattro è rimasto privato dell’istruzione scolastica.

Sono stati registrati 147 incidenti contro l’istruzione.

“L’istruzione è un’ancora di salvezza per i bambini. Ma per milioni di bambini nell’Africa centrale e occidentale l’insicurezza significa che rimarranno bloccati fuori dalla classe nel prossimo anno scolastico, incapaci di apprendere. Molti saranno costretti a lavorare, a unirsi a gruppi armati o a sposarsi, mandando in frantumi il loro futuro”, ha affermato Hassane Hamadou, direttore regionale dell’NRC per l’Africa centrale e occidentale.

Il documento si appella ai governi delle nazioni interessate, a tutte le parti in conflitto, richiamando la Risoluzione 2601 (2021) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla protezione delle scuole nei conflitti armati e chiedendo l’attuazione della Dichiarazione sulla scuola sicura realizzata nel 2015  dall’agenzia GCPEA (Coalizione Globale per la Protezione dell’Istruzione dagli Attacchi durante i conflitti armati) e già sottoscritta da 118 paesi.

Si chiede che i governi negozino con le forze militari impegnate nei conflitti armati la riapertura delle scuole, fermino l’arruolamento dei bambini e prevengano le violenze sessuali (compresi i matrimoni forzati e precoci) prodotte dai combattenti. Importante il monitoraggio e la denuncia delle violazioni dei diritti internazionali. Si chiede anche l’utilizzo delle tecniche di apprendimento a distanza. Purtroppo quello che in Europa è sperimentato dopo gli anni dell’emergenza per il COVID-SARS ed è attuato anche per gli studenti ucraini in questo anno e mezzo di conflitto, è difficilmente realizzabile nelle scuole di questa regione, spesso prive di collegamento elettrico, rete internet ma soprattutto di device da utilizzare. Le ultime raccomandazioni riguardano l’estensione e il miglioramento del supporto psicosociale ai bambini, ai loro insegnanti e a chi si prende cura di loro e l’aumento dei finanziamenti a lungo termine per l’istruzione nelle emergenze.

Propongo una riflessione a partire da alcuni dati statistici.

Il nostro presidente della Repubblica, inaugurando ufficialmente l’anno scolastico 2023/2024 con la cerimonia  svoltasi a Forlì presso l’Istituto tecnico “Saffi-Alberti” (XXIII edizione di “Tutti a Scuola”) ha ricordato nel suo discorso l’importanza dell’integrazione nelle nostre scuole  degli studenti che provengono da famiglie immigrate, che sono 800mila, un decimo degli studenti italiani.

In Italia, dati del 2022, sono operative 8.136 Istituzioni Scolastiche. Nell’Africa Centro Occidentale secondo i dati del luglio 2023, sono state  chiuse 13.263 scuole.

Secondo i dati del settembre 2022, in Italia nel biennio 2020/21- 2022/23 si sono persi 220 mila studenti (da 7.507.000 a 7.286.000) e tremila classi, con conseguenti perdite di posti di lavoro nel comparto scuola.

Nella regione di queste 19 nazioni africane, due milioni e mezzo di studenti sono rimasti fuori delle scuole.

Non potrebbero questi dati essere una indicazione significativa per spingere l’Italia e l’Europa ad una inversione di marcia nei confronti della politica dello sbarramento delle migrazioni?

Invece di respingere queste popolazioni e ricacciarle a morire nel deserto o ad essere seviziate nei lager libici, non dovrebbe essere compito dell’ONU in primis con i goals 4,10 e 16 dell’Agenda 2030 garantire dei corridoi umanitari perché questi studenti arrivino in Europa e al tempo stesso perché si inizi a lavorare seriamente per risolvere i conflitti in questa regione?

 

5 risposte a “Africa: istruzione “sotto attacco”?”

  1. Carmelo gagliardi ha detto:

    Mi interessano i vostri articoli prego inviarmeli sulla mia Email. Grazie

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Viene il dubbio però che in qualche modo vi sia un tornaconto, un interesse non dichiarato, ma non carità, in questi sbarchi di tutti giovani; come pensare avessero denaro per pagare le traversate, e senza nessuna prospettiva ? E come credere in sentimenti di umana solidarietà tutte quelle navi – soccorso, proprio in tempi di oggi dove tutto si compie un “dare per avere?” Forse, supponendo dover affrontare tempi difficili come lo sono quando ci sono guerre e c’è bisogno di manodopera questi salvati possono far comodo? I nostri ospedali lamentano mancanza di infermieri: e non si comprende perché giovani laureati e preparati espatriano per migliori prospettive economiche impoverendo cosi di futuro il proprio Paese. D’altro canto si invita a regolare assunzione straniere, badanti, , senza di necessari requisiti,, quali la lingua, conoscere come preparare cibo e quanto concerne cura della persona affidata, come avviene di norma per i lavoratori locali.

  3. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Altro e offrire ciò che è possibile nel Paese di approdo: come la richiesta a una occupazione , la frequenza a corsi formativi e di istruzione, che del resto già si è sempre fatto, di modo che si collabori a preparare personale istruito a dare supporto nei Paesi d’origine, Considerare poi che anche in Italia risultano luoghi disabitati, abbandonati dai nativi, abitanti, forse un insediamento nuovo potrebbe essere un bene.Sono tutti percorsi possibili per una organizzazione che tenga conto di domanda e offerta. E’ indegno pensare di chiudere sia pure per un certo tempo esseri umani in fuga da situazioni drammatiche in campi, recinti senza considerare le loro aspettative., far conoscere loro ciò che il Paese e in grado di offrire, con libera scelta, anche una assunzione di responsabilità circa norme da rispettare per una armonica convivenza. E’ miserabile l’idea di imporre a dei già poveri, una somma da pagare per fruire di libera circolazione

  4. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    …concepire di svuotare un continente dei suoi abitanti pensando che in terre estranee, siano felici di essere tra gli indesiderati, perché invece non supporre preferiscano vivere là dove possono sentirsi da nativi, padroni e del territorio e della propria vita? se c’è guerra il motivo è possedere quel territorio il quale ha molto da offrire per le sue ricchezze ancora da sfruttare, Non sembra Che hot spot, siano soluzione civile per milioni di persone in fuga,nuova vita per quei migranti, un benessere che non c’è per tutti neppure tra i nativi: società oberata da molti problemi, e mancano risorse economiche per farlo. Non c’è sicurezza lavorativa, ne serenità politica . L’unico modo e realizzare la Pace, sconfiggere la guerra offrendo ciò che l’ingegneria umana ha saputo realizzare condividere sforzi e collaborare a che si realizzi sviluppo e un benessere anche in quei Paesi. Questo ha fatto il Cristo con la sua Chiesa missionaria.!

    • ALESSANDRO MANFRIDI ha detto:

      Gandhi disse: “Io credo a Cristo ma meno ai cristiani”. Visto quello che faceva l’Inghilterra con le sue colonie. Tutti i disastri africani sono nati dalla colonizzazione e continuano con lo sfruttamento “straniero” delle materie prime. Cara Francesca Vittoria, se queste persone rischiano la vita per arrivare in Europa lo fanno perché lì non vengono garantiti loro i diritti fondamentali. Ci vorrebbe un’altra ONU ed altri “cristiani”…

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