Il Natale di Mara

Sa prof. a me basterebbe che per Natale mio padre mi guardasse, anche solo una volta, e che mia madre mi parlasse senza urlare
30 Dicembre 2011

Nella “hall” d’ingresso della scuola viaggiano panini e pizzette come missili. Dall’aula magna arrivano vibrazioni del quinto grado della scala Mercalli, e un indefinito rumore simile ad un urlo continuo. “Bella prof! Spacca sta roba eh??”. Sono appoggiato alla macchinetta del caffè, nell’angolo strategico tra la sala insegnanti, l’uscita e la segreteria. A 10 metri dall’ingresso dell’aula magna, trasformata in una “disco house”. Lucio, mi urla in faccia la sua esaltazione sulla musica che dj Perry, sforna a megadecibel. E’ Thomas di quinta, si è autodefinito “Deus ex machina soud”. Sono appena le 9,45 e fino alle 12 andrà avanti così. 

Ultima mattina prima delle vacanze di natale. C’è la festa. Autogestita dagli studenti. E’ un “must” in una scuola che si rispetti. Una specie di contentino dato ai ragazzi perché almeno per 3 ore sentano la scuola come un loro luogo, dove non sono parcheggiati o spettatori, ma attori e protagonisti. Ma il bello è che di ragazzi oggi ne sono venuti a scuola nemmeno la metà. E su questo ci sarebbe da ragionare. Ma mentre il mio demone interpretativo si sta mettendo in moto arrivano Mara e Angela. “Hola prof. Questa musica pompa, no?? 

E’ strano come, a volte, anche solo una frase possa aprire un mondo. Mara è timida e introversa, occhi azzurri di ghiaccio, grandi, sempre accesi come due telecamere che registrano tutto, ma non lasciano trapelare nulla. Anzi no. Una cosa si: l’angoscia, la paura di essere viva e di essere lì… E’ arrivata l’anno scorso, dopo una brutta bocciatura in un’altra scuola. Vomitava ogni mattina che doveva andarci e i suoi compagni la chiamavano “la deficiente”. L’anno scorso, da noi, non ha fiatato per tutto l’anno. Ho faticato a farle dire due parole nell’interrogazione. Alcuni colleghi all’inizio si sono chiesti se era il caso di segnalarla, ma poi ci siamo resi conto che la testa funziona eccome, lucida, e precisa. Ma ha un cuore devastato dall’abbandono e dal giudizio e dal panico.

E quella frase buttata lì durante la festa, quel gergo evidente, in cui si riconosce, mi son sembrati una finestra spalancata sulla sua anima, forse nella speranza che qualcuno oggi la possa vedere “dentro” senza giudicarla o deriderla. “Pompa eccome, infatti sto appoggiato alla macchinetta per non cadere in terra…”. Ridono di gusto. “Ma prof. non le piace? E’ Dead World degli Archeon!! Un megatrip!!”. “Come no! – ribatto – Io e gli Archeon siamo culo e camicia… col cantante ci sbronziamo insieme…”. E mentre ride si lascia andare: “Prof… è un bonazzo da paura io me lo sposerei davvero…”. Non pensavo di azzeccare il mito di Mara, ma tant’è, il gancio ha funzionato e posso tentare di entrare rispettosamente nel suo mondo. 

“Perché, tu ti sposeresti davvero?”. “Ma no prof. però per Michal potrei anche farlo. O forse no.. non so… insomma i miei sono sposati, ma non vanno d’accordo per nulla e mica vorrei fare come loro”. “Perché, come fanno?”, le dico quasi sorpreso. “Mia madre è isterica, urla e s’incazza ogni 5 minuti, mio padre non fiata, gironzola per casa a testa bassa e quando non ne può più esce di casa sbattendo la porta”. “Ah, però! Un bell’ambientino”, faccio io. “Sa prof, quasi quasi mi scoccia che ci siano le vacanze, perché almeno a scuola la mattina un po’ respiro”. “E per Natale che farai?”. Salta su Angela, l’amica: “Una bomba di festa al Chihuahua, viene anche lei prof?”. “Ma dai…, il Chihuahua è un cane piccolissimo, io non ci entro, son troppo grande!!”. Ridono abbracciate. 

“Però insomma, il Natale é bello anche in casa – faccio io – Avete fatto l’albero? il presepe?”. “L’albero si! -ribatte Mara – l’ho fatto tutto io, da sola, l’altra settimana, ero così depressa che non sapevo come arrivare a sera e allora sono andata in cantina e ho preso fuori lo scatolone con gli addobbi e l’ho montato. Una goduria! Ma quando è rientrata mi madre mi ha urlato: “Ma sei fuori?! Guarda che casino hai fatto e adesso mi tocca pulire!!”. E mentre lo dice si fa seria e abbassa la testa. La voce si incrina e sento la sua tristezza salire. “Ma io ho continuato a guardare l’albero e le luci colorate e ho pensato che sarebbe stato bellissimo essere un pupazzo lì attaccato, invece che una persona in quella casa. Sa prof. a me basterebbe che per Natale mio padre mi guardasse, anche solo una volta, e che mia madre mi parlasse senza urlare”.

Ho sentito un colpo dritto allo stomaco. Lei ha alzato gli occhi, un mare di lacrime. Ci siamo guardati per un attimo, infinito, silenzioso. Sparita la musica, sparita l’amica, sparita la scuola. Solo i nostri occhi. Ho sorriso e le ho passato la mano sulla testa. Ha appoggiato la faccia al mio maglione e si è asciugata gli occhi. “Scusi prof. non so cosa mi è preso! Delle volte mi succede e non so perché”. “Perché? …. Perché hai voglia di vivere -le dico sottovoce – hai voglia di far vivere quella bimba “impanicata” che ti porti dentro. A Natale è nato Gesù. Per tutti. Anche per te. Perché quella bimba che sei possa nascere di fronte a qualcuno che la accetta com’è, perché è bella così e merita di vivere com’è! … Buon Natale Mara!”. “Buon Natale prof.”

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)