Dio dopo il catechismo

Dio dopo il catechismo
23 Ottobre 2019

Seconda di un liceo. Sveglia e anche partecipe. Sto mostrando loro i significati dei nomi che nella nostra tradizione attribuiamo al maligno. Per parlare dell’oppositore, di satana, racconto la storia di Giobbe. La prima parte, da una slide, la leggo quasi in forma “animata”. Per la stragrande maggioranza di loro è un’autentica primizia: non hanno mai sentito parlare di Giobbe e mai gli è stata raccontata la sua storia. Poi proseguo raccontandola io, in modo che il linguaggio sia più vicino al loro, ma senza tradire il senso del racconto.

Quando, per la terza volta, Dio e satana si sfidano sull’autenticità dell’amore di Giobbe per il Signore, Gloria interviene: “Si, ma prof., ma che Dio è quello che permette una scommessa così sulla testa di questo poveretto; per un suo sfizio permette a satana di rendere la vita di Giobbe un inferno. Ma non è possibile! Un Dio così è meglio che non esista. E’ uno dei motivi per cui non credo al cristianesimo: Dio non può essere così!”.

Dal fondo Antonella ribatte: “Gloria, guarda che il cristianesimo non è così. Dio non mette alla prova le persone, ma anzi gli vuole bene e condivide con loro il dolore che provano”. Dalla prima fila, nell’angolo di sinistra, Valentina si gira e dice, quasi solennemente: “No, Anto, Dio mette alla prova le persone per vedere se hanno fede. E con Giobbe ha fatto lo stesso”. La classe si ribella e c’è un momento di attacco a Valentina. “Ragazzi, no, un momento – intervengo – vi ho sempre detto che ognuno ha diritto ad esprimere la propria idea senza essere giudicato, aggredito o insultato! Chiaro? Perciò credo che dobbiate delle scusa a Valentina. Non condivido la sua idea, ma non vi permetto di comportarvi così!”

“Ma come prof., non condivide la mia idea?” Valentina, invece che fissarsi sulla reazione della classe contro di lei, quasi sconcertata mi rivolge questa domanda. Sento che è sincera e le dico: “Vale, sei stupita di quello che ho detto?” “Si prof. lei insegna religione cattolica, come fa a dire che non condivide la mia idea?” “Vale, capisco ti possa stupire, ma sono convinto che se parliamo di cristianesimo, Gloria faccia bene ad essere indignata dall’immagine di Dio che la storia di Giobbe sembra mostrarci. E forse è Antonella ad aver indicato un’immagine di Dio più centrata sul messaggio di Gesù Cristo”.

Gloria allora riprende: “Ma prof., il libro di Giobbe fa parte della bibbia e come fa lei allora a dire che Dio non mette alla prova le persone?” “Infatti, come fa? – aggiunge Valentina”. “Ok, ragazzi, qui dobbiamo fermarci un attimo anche se il centro del nostro discorso oggi era un altro. Quando vogliamo capire la bibbia da cristiani dovremmo attenerci a due grandi regole. Prima: la bibbia è scritta con tantissimi generi letterari diversi. Sapete cos’è un genere letterario?” La classe dichiara in coro che ne hanno parlato con la prof. di italiano. “Bene – riprendo – allora dovreste sapere che se un brano è scritto in un genere letterario “leggenda didattica”, come quello di Giobbe, non siamo autorizzati a interpretarlo come “racconto reale”. Secondo: per un Cristiano la bibbia va letta a rovescio, cioè prima il nuovo testamento e solo dopo l’antico testamento. Questo perché solo a partire dal nuovo testamento possiamo capire davvero l’antico testamento

Allora, se applico queste due cose alla questione sollevata da Gloria, nel nuovo testamento Dio non ha nessun interesse a “prendersi gioco” e a “mettere alla prova” gli uomini. Nel nuovo testamento Dio fa esattamente ciò che dice Antonella. Ci ama pazzescamente tanto da prendere lui su di sé il nostro dolore e portarlo insieme a noi. Altro che provare a metterci in buca, offrendoci la tentazione di peccare. Così, allora, la storia di Giobbe ci sta ad indicare come e cosa può fare l’uomo di fronte al dolore e al male, e non tanto come Dio si comporta con l’uomo”.

Gloria è rimasta soddisfatta di questa risposta, Antonella ha semplicemente annuito, mentre Valentina è rimasta sorpresa e un po’ irritata. Gloria ha alle spalle un percorso di catechesi “ordinaria” come tanti, dalla prima elementare fino alla cresima, che, anche per lei, ha rappresentato il sacramento dell’addio. Ma le sue domande sono rimaste aperte. Antonella ha partecipato alla Catechesi del Buon Pastore nella sua parrocchia, ha fatto la comunione e la cresima quando lo ha scelto lei, e adesso frequenta il gruppo giovanissimi, dove, a detta sua, fanno poca catechesi, molto “servizio” e parecchia preghiera. Valentina ha fatto la comunione a 8 anni, prima dei suoi coetanei, perché figlia della capogruppo dei catechisti della sua parrocchia. In casa dicono la preghiera sempre prima di mangiare e non è ammesso non andare a messa la domenica, dopo essersi confessati, sia lei che suo fratello maggiore.

Diversi percorsi e diverse immagini di Dio. A me ha fatto pensare.

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