San Giovanni il Battista con l'Agnello di Dio
cattedra d'avorio del vescovo Massimiano, 546-554
Ravenna, Museo arcivescovile
«Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco»
Di nuovo un simbolo, l'agnello di Dio, che nei primi secoli del Cristianesimo ebbe quasi più successo della croce. Tra le sue raffigurazioni più antiche, a Roma, ci piace ricordare quella delle catacombe dei santi Marcellino e Pietro (inizi del IV secolo) e quella del battistero lateranense (epoca di papa Ilario: 461-468). Perché sono le primizie dei due "format" con cui l'Agnus Dei viene di solito rappresentato: nella prima l'agnello è su un'altura da cui sgorgano quattro fiumi, mentre nella seconda è racchiuso in una ghirlanda.
Quasi mai disgiunto dalla croce (che può essergli alle spalle, o nel nimbo, o sorretta dallo zoccolo), l'agnello è in posizione centrale. E appare da solo, come figura del Cristo che verrà. Invece a Ravenna, nella cattedra di Massimiano, l'agnello è assieme al suo "inventore", Giovanni il Battista, il primo a chiamare Gesù «l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!» (Gv 1,29). Il clipeo, cioè lo scudo tondo in cui è inserito, evoca un logo odierno, come se Giovanni gli facesse da "testimonial".
Questo agnello, secondo alcuni, è il simbolo che meglio di tutti dice chi è Cristo e chi è il cristiano: un servo sofferente, che soffre ma che soprattutto s'offre. Il cui amore «non è estorto ma offerto. Il servo sofferente, "l'agnello di Dio", è l'esatto contrario del "capro espiatorio"» (Paul Ricoeur). La vittima, infatti, è consenziente, il sacrificio è accettato: «Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita... Nessuno me la toglie: io la do da me stesso» (Gv 10,18).
E che l'agnello sia un gran bel simbolo l'ha inteso san Giovanni evangelista nell'Apocalisse, quando ne ha colto la doppia natura: «l'agnello... sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita» (7,17).
20/12/2015 00:07 antonella mazzei
![]() | Versione stampabile |
![]() | Scrivi a Vino Nuovo |
Gian Carlo Olcuire è un grafico. Che si sente realizzato quando riesce a far guardare le parole come se fossero immagini e a far leggere le immagini come se fossero parole. Lavora soprattutto per il mondo cattolico ed è appassionato di linguaggi, soprattutto dell'uso (o abuso, disuso, riuso) che se ne fa nel mondo cattolico.
leggi gli articoli »