Se si prescinde dal solito patchwork del «Francesco feriale», che anche questa settimana ha fatto 30 titoli, dal Comunicato finale del Consiglio permanente della CEI, che ne ha presi 14, e dalla morte dell'anziano scrittore Eugenio Corti, che ne ha guadagnati 12 (menzione settimanale «Lacrime di coccodrillo», visto l'oblio nel quale, a parte le piccole testate dell'area neointransigente, veniva tenuto da vivo), la «settimana religiosa» dei quotidiani italiani è stata egemonizzata da tre questioni che hanno il loro denominatore comune nel rapporto tra Chiesa e cultura laico-libertaria in materia di morale sessuale.
14 titoli sono andati infatti alle manifestazioni in Spagna contro il progetto di legge di modifica, in senso restrittivo, della legge sull'aborto attualmente in vigore, progetto accreditato dell'attivo sostegno della Chiesa cattolica.
37 titoli se li sono invece guadagnati le manifestazioni in Francia, che a loro volta hanno goduto dell'attivo sostegno della Chiesa cattolica, contro le leggi che il Governo intende emanare in tema di «matrimonio per tutti» o comunque ispirate dalle tesi dei «gender studies». A queste ho accostato, nel computo, anche i titoli sull'omogeneo Rapporto Lunacek votato dal Parlamento Europeo e su un documento, di segno opposto, dei vescovi del Triveneto.
E infine 56 titoli, praticamente nella sola giornata di giovedì, sono stati dedicati a raccontare e discutere le Concluding observations on the second periodic report of the Holy See pubblicate dalla Commissione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia, e assai critiche verso le politiche della Santa Sede in tema di violenza del clero sui minori (ma anche in tema di contraccezione, aborto, «famiglie arcobaleno»...). Vino Nuovo ha già suggerito un articolo in proposito.
Se si considera ancora che 6 titoli sono andati al dibattito in preparazione del Sinodo dei vescovi sulle sfide pastorali alla famiglia, che altri 4 vertevano in un modo o nell'altro su pedofilia e clero e che 7 dei 30 titoli sulle attività ordinarie di papa Francesco riguardavano il suo incontro con «la vera Philomena», la donna irlandese vittima, a suo tempo, di alcuni dei comportamenti che la Commissione ONU sui diritti dell'infanzia stigmatizza, il risultato è che, sui 250 titoli religiosi della settimana, ben 124 avevano sullo sfondo, come dicevo, insegnamenti e posizioni della Chiesa in tema di sessualità. Uno su due.
È abbastanza chiaro che papa Francesco non ritiene opportuno che la Chiesa, in pubblico, si identifichi con le sue posizioni su questi temi, specie se isolate dal contesto del Vangelo.
«Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi», aveva detto nella famosa intervista alle riviste dei gesuiti, sintetizzando concetti poi argomentati ai nn. 34-39 dell'Evangelii gaudium.
«Questo non è possibile - proseguiva -. Io non ho parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato. Ma quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto. Il parere della Chiesa, del resto, lo si conosce, e io sono figlio della Chiesa, ma non è necessario parlarne in continuazione. Gli insegnamenti, tanto dogmatici quanto morali, non sono tutti equivalenti. Una pastorale missionaria non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine da imporre con insistenza».
E di seguito: «L'annuncio di tipo missionario si concentra sull'essenziale, sul necessario, che è anche ciò che appassiona e attira di più, ciò che fa ardere il cuore, come ai discepoli di Emmaus. Dobbiamo quindi trovare un nuovo equilibrio, altrimenti anche l'edificio morale della Chiesa rischia di cadere come un castello di carte, di perdere la freschezza e il profumo del Vangelo. La proposta evangelica deve essere più semplice, profonda, irradiante. È da questa proposta che poi vengono le conseguenze morali».
È altrettanto chiaro, invece, che questa agenda resiste e continua a essere proposta, perlomeno all'opinione pubblica occidentale, come «la» agenda sulla quale misurare la capacità del Vangelo - della Chiesa - di parlare all'uomo contemporaneo (meglio: a quello occidentale) oppure no. E ciò accade a prescindere dalla legittima scelta di alcuni episcopati nazionali, che nella loro libertà e nel loro discernimento ritengono di non poter tacere su determinate questioni.
Viene il sospetto - persino a me, che sono tenacemente contrario a ogni «dietrologia» - che alcune correnti culturali abbiano tutto l'interesse a mantenere su questo terreno della morale, piuttosto che «sull'essenziale, sul necessario, che è anche ciò che appassiona e attira di più, ciò che fa ardere il cuore», il confronto con gli uomini di fede, e segnatamente con i cattolici. Una sorta di «test d'ammissione» della Chiesa al complessivo dibattito pubblico: ma un test alla fin fine insuperabile, tanto la storia, da un lato, e l'ideologia, dall'altro, vi pesano sopra (come ha ben scritto Luigi Accattoli sul Corriere del 6 febbraio e sul suo blog).
E forse, che il test non venga superato fa assai comodo, perché rende meno udibile sia la parola del Vangelo, sia altre non meno disturbanti parole che ne discendono a proposito di altre questioni di morale: ad esempio della questione della giustizia economica per tutti...
12/02/2014 12:08 Antonio Coda
Ciao Lorenzo! Un po' non siamo più così assidui entrambi, un po' l'età e un po' la scusante che di Lorenzo ne girano almeno un paio... e ho preferito stare sul vago! ;-)
Sugli auspici non posso che concordare: di certo c'è spazio per crescere tutti assieme; hai visto mai?
Alla prossima!
Ringrazio Borghi per il materiale citato e, come spesso capita, trovo irriverentemente stimolante l'intervento di Antonio Coda: nella relazione con l'altro non possiamo essere così presuntuosi da trasformare anche il convincimento più profondo e sincero in un atteggiamento che viene percepito come prevaricazione; l'ho sostenuto più volte che il richiamare come naturali e insiti nell'uomo certi nostri "fondamentali" non aiuta a fare passi avanti! Concentriamoci sulla Buona Novella da annunciare nella testimonianza (smussando il superfluo a tutti i livelli) e rilassiamoci! Gesù ha detto che, se gira male, basta scrollarsi la polvere dai sandali: le guerre di religione (vere e figurate) ce le siamo inventate tutte da soli...
A me sembra che una buona fetta del mondo cattolico trovi "meno disturbante" parlare di giustizia economica. Specialmente se si guarda al variegato universo dei cattolici adulti e del cattolicesimo sociale e progressista. Questa ampia area del cattolicesimo non vuole discutere di morale sessuale, famiglia e vita per non dover mettere in discussione convenienze e alleanze politiche. Si rifugia nell'afasia e nel silenzio, rinuncia a qualsiasi forma di testimonianza e poi si permette di accusare gli altri, cioè coloro che si sforzano di reagire alla deriva laicista e "zapatera" che stiamo subendo, di essere "ossessionati" dal sesso... Paradosso di alcune "correnti culturali" alle quali mai nessuno, qui su VN, rimprovera mai nulla...
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Guido Mocellin (Bologna 1957), giornalista, sposato, due figli, si occupa di informazione religiosa e dei rapporti tra le religioni e la società. È direttore della rivista I Martedì ed è stato per più di vent'anni caporedattore del periodico di attualità e documenti Il Regno, con il quale continua a collaborare. Dal 2015 è tornato a occuparsi dei volumi delle Edizioni Dehoniane Bologna (EDB), mentre tiene sul quotidiano Avvenire la rubrica trisettimanale WikiChies. Insegna Giornalismo religioso al Master "Giornalismo, a stampa radiotelevisivo e multimediale" dell'Università Cattolica di Milano e altrove, quando glielo chiedono; partecipa (come può) alla vita della comunità ecclesiale, in particolare all'interno dell'Unione cattolica stampa italiana (UCSI). Nel 2010 ha pubblicato, ovviamente presso le EDB, la raccolta di storie di fede Un cristiano piccolo piccolo
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